I restauri

Tra l’Ottocento e il Novecento, l’Annunziata civitaliana ha subito ben quattro restauri documentati, oltre agli interventi avuti in passato e di cui non si è trovata traccia nei documenti d’archivio.

Grazie agli studi condotti nel 2008 [1], è stato possibile recuperare le documentazioni storiche, ricostruendo così le vicende conservative che hanno riguardato la Vergine.

Tra il 26 luglio del 1848 e il 2 marzo del 1849, l’opera subì il primo intervento documentato, che consistette nel rifacimento del vestito con una tunica bianca in tela e gesso, probabilmente realizzata per cercare di bloccare il degrado del legno [2]. Durante lo stesso intervento era poi stata modificata la posizione delle braccia, probabilmente per poter reggere un bambino, il viso era stato dipinto di nero ed era stata aggiunta la mancante ciocca destra dei capelli in uno stile molto diverso dall’originale [3].

Dopo che Procacci nel 1933 vide l’opera nella Chiesa della Collegiata, riconobbe subito il suo valore, nonostante le condizioni originarie fossero alterate, scrisse infatti che si trattava di una statua lignea: “la cui rara bellezza era nascosta sotto il grave paludamento di ricche vesti ottocentesche[4]. Dopo aver riscontrato i problemi conservativi, si decise di intervenire e nel biennio 1934-1935 venne realizzato il restauro condotto dal prof. Gaetano Lo Vullo nei laboratori del Gabinetto di restauri della Soprintendenza di Firenze. Durante questo intervento si procedette alla rimozione della tunica bianca, a iniezioni di gesso e colla nel legno per consolidarlo, vennero poi sostituite le mani danneggiate e realizzate le nuove dallo scultore Aristide Aloisi [5]. Inoltre, fu collocato in modo corretto il braccio sinistro, vennero rimosse le ridipinture e venne sostituita la ciocca lignea con una in stucco. Si trattò di un lavoro realizzato con uno stile di ripristino lodevole e svolto con un atteggiamento attento verso l’originale e verso la pratica del restauro, è da notare infatti che, quando l’opera venne riportata a Camaiore all’interno del museo, venne posto affianco all’Annunziata un pannello con le fotografie che raccontavano il restauro appena realizzato [6].

Durante la seconda guerra mondiale, il 5 ottobre del 1943, la statua, insieme all’arazzo fiammingo raffigurante l’Ultima Cena, fu portata via dal museo e per evitare che l’opera venisse danneggiata o rubata, fu nascosta all’interno di una cassa in legno rivestita di tessuto, che fu nascosta sotto l’Altare maggiore nella chiesa della Collegiata.  Alla fine della guerra, nel giugno del 1945, quando si riaprì la cassa, si ritrovò l’opera in un gravissimo stato di deterioramento. L’umidità, la chiusura nella cassa e i tarli avevano infatti lesionato in modo considerevole la veste e le braccia, che mancavano quasi interamente, mentre il volto, probabilmente grazie anche alla preparazione originaria, era la parte meno lesa.

Nonostante fosse evidente che l’opera avesse un estremo bisogno di un nuovo intervento, purtroppo questo venne realizzato solo a distanza di circa vent’anni. Il nuovo restauro, a cura di Luciano Gazzi, venne quindi effettuato dal 1 marzo 1969 al 20 novembre 1970, l’opera venne consolidata interamente, attraverso delle iniezioni di collante, il braccio destro venne resecato e portato alla stessa altezza del braccio sinistro già mancante e venne eliminata la ciocca di capelli a sinistra gravemente danneggiata, che non venne più sostituita. Infine venne realizzata l’imprimitura e l’integrazione pittorica, con velature di colore a tempera e vernice [7].

Nel 2004, in occasione dell’importante mostra dedicata a Matteo Civitali tenutasi a Villa Guinigi a Lucca [8], si scelse di esporre le Annunciate della Chiesa dei Servi, di San Frediano a Lucca e di San Michele a Mugnano, ma non l’Annunziata di Camaiore, anche se era stata la prima in ordine di tempo ad essere accostata allo scultore lucchese. Il motivo di tale scelta espositiva era dovuto principalmente alla mancanza delle braccia, come scrisse infatti Massimo Ferretti: “Si è comunque preferito non portare in mostra l’Annunciata del Museo d’Arte Sacra di Camaiore, che fu la prima ad essere riscoperta ed accostata a Civitali. Ad essa mancano le braccia e sopporta male, a differenza della Venere di Milo tale condizione[9].

Oltre alle braccia mancanti, l’opera presentava ancora diverse problematiche conservative e proprio per cercare di ritrovare quanto più possibile l’unità stilistica e l’aspetto originario voluto dall’artista, nel 2008 è stato realizzato un nuovo restauro, diretto dalla dott.ssa Antonia d’Aniello e realizzato dalla restauratrice del Laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e il Paesaggio per le province di Lucca e Massa Carrara, Eleonora Rossi, in collaborazione con Claudia Marchese. Come ci è stato raccontato durante l’intervista, nel corso dell’intervento si è proceduto alla rimozione delle stesure di colore e alla pulitura chimica e meccanica dello strato di pasta di legno e colla forte derivanti dai precedenti restauri e al consolidamento del legno sottostante. In questa occasione, è stato recuperato il volume del ventre e della vita, che erano state assottigliate in precedenza. Sotto le stesure realizzate nel corso degli altri interventi sull’opera, sono stati ritrovate diverse tracce di colore molto antico, probabilmente originali. Infine, le integrazioni pittoriche del volto sono state realizzate a rigatino, mentre per la veste sono state date delle velature di colore ad acquerello [10].

Dopo la conclusione del lavoro, l’opera è stata esposta nuovamente al Museo d’Arte Sacra, in occasione della mostra “Ecce ancilla domini: l’iconografia della Vergine Annunziata in Matteo Civitali scultore”[11], che ha avuto il merito di far riscoprire al pubblico la “rara bellezza”[12] della Vergine, grazie anche alla relazione con le altre Annunciate realizzate da Matteo Civitali.

 

 

[1] Claudia Marchese, L’Annunziata di Camaiore: storia dei restauri dall’Ottocento a oggi, in Marcello Brunini et. al., Ecce ancilla domini, L’iconografia della vergine Annunziata in Matteo Civitali scultore, Pisa 2008, pp. 75-86.

[2] Ibidem, p. 75-76.

[3] La ciocca originaria era realizzata in stucco, mentre quella realizzata durante l’Ottocento, in uno stile totalmente differente dall’originale quattrocentesco, era in legno, cfr. Ugo Procacci, Restauri a Dipinti della Toscana, “Bollettino d’Arte del Ministero dell’Educazione Nazionale”, anno XXIX, 1936, p. 379.

[4] Ibidem, p. 378.

[5] Le due mani vennero inserite con l’ausilio di due perni, in modo che potessero essere facilmente tolte e quindi si trattava di un intervento totalmente reversibile, ibid.

[6] Ugo Procacci, Catalogo del Museo d’Arte Sacra di Camaiore, Camaiore 1936, p. 18.

[7] Claudia Marchese, op. cit., pp. 81-85.

[8] Massimo Ferretti et. al., Matteo Civitali e il suo tempo: pittori, scultori e orafi a Lucca nel tardo Quattrocento, catalogo della Mostra, Museo nazionale di Villa Guinigi, Lucca, 3 aprile -11 luglio 2004, Cinisello Balsano 2004.

[9] Ibidem, p. 358.

[10] Elena Rossi, Il restauro, in Marcello Brunini et. al., Ecce ancilla domini, L’iconografia della vergine Annunziata in Matteo Civitali scultore, Pisa 2008, pp. 87-93.

[11] La mostra si è tenuta a Camaiore dal 25 luglio al 30 settembre 2008, ibidem.

[12] Ugo Procacci, Restauri a Dipinti della Toscana, op. cit., 1936, p. 378.