Materia e Tecnica

L’opera è una scultura in legno policroma, realizzata a partire da un unico pezzo di legno, probabilmente di pioppo o di tiglio [1], che è stato poi modellato dall’artista e assemblato con delle parti aggiuntive dello stesso materiale per le braccia e la base ottagonale, che è congiunta al corpo per mezzo di due spessi chiodi.

Durante la prima fase di realizzazione, secondo una tecnica comune a questa tipologie di opere, il tronco venne svuotato [2] e venne poi realizzato un coperchio per il retro. Dopo aver terminato la modellazione del legno e dopo la preparazione con gesso sottile, l’opera venne poi dipinta con colori a tempera. 

 La storia conservativa

L’Annunziata di Matteo Civitali, è un manufatto particolarmente complesso, non soltanto per le caratteristiche che sono proprie dei diversi materiali con i quali fu realizzata, ma anche perché, come può chiaramente notare anche un occhio poco esperto, si tratta di una statua che ha avuto una storia molto lunga e travagliata.

La caratteristica che emerge in maniera lampante non appena la si osserva è la mancanza delle braccia, ma guardandola con cura, ancora più da vicino, si possono notare numerose mancanze e tracce di colore diverse, che restano a testimonianza dei secoli trascorsi e dei tanti interventi che l’opera ha avuto.

Probabilmente fin da tempi antichi, l’opera subì parecchi danni a causa del deperimento del legno e dell’attacco progressivo di insetti xilofagi, che indebolirono talmente tanto il materiale, che, come ci ha raccontato Elena Rossi, che ha restaurato l’opera nel 2008: “Il legno era talmente malridotto da essere diventato come una spugna[3]. Questa caratteristica si può chiaramente notare anche nelle foto storiche.

Oltre alle problematiche conservative specifiche del materiale, l’opera ha subito in periodi diversi della sua vita anche numerosi altri interventi ad opera dell’uomo, che hanno modificato sensibilmente il suo aspetto originario, tra cui:

– l’assottigliamento del busto, del ventre, delle braccia e avambracci per poterla vestire con gli abiti del tempo, procedura che si è riscontrata anche in altre opere del Civitali e in generale in altre statue lignee, che venivano trasformate quasi in statue-manichino per adattarle alla moda del periodo.

– diversi interventi di manutenzione sul legno e ridipinture per fare in modo che l’opera avesse sempre un aspetto estetico buono, adatto alle esigenze devozionali.

-il braccio sinistro venne segato subito sotto il gomito in un intervento precedente al restauro del 1849.

Un’altra piccola curiosità legata agli interventi che l’opera ha avuto nei secoli passati, ci è stata raccontata da Eleonora Rossi:

 “Durante il restauro mi accorsi che c’erano due piccolissimi chiodi d’argento che tenevano la bocca e il naso, messi chissà quando, probabilmente perché la parte del viso era pericolante, tantochè per maggior tenuta si decise di inserire i chiodini prima della ridipintura.” [4]

Purtroppo si tratta di interventi e rimaneggiamenti avvenuti in epoche imprecisate e che, almeno fino a questo momento, non sono state rintracciate nei documenti storici. Grazie agli studi condotti dalla storica dell’arte Claudia Marchese [5] è stato invece possibile ricostruire rintracciare le informazioni sui restauri dall’Ottocento a oggi.

 

 

 

[1] È difficile stabilire con esattezza l’essenza lignea, a causa del forte degrado della struttura originale e dei successivi interventi di consolidamento in gesso e minio. La restauratrice Elena Rossi ha ipotizzato l’utilizzo di pioppo o tiglio, anche perché si tratta di essenze molto appetibili ai tarli, cfr. Elena Rossi, Il restauro, in Marcello Brunini et. al. Ecce ancilla domini, L’iconografia della vergine Annunziata in Matteo Civitali scultore, Pisa 2008, p. 87.

[2] Il procedimento dello svuotamento del tronco permetteva di non trattenere l’umidità nel midollo, si riduceva inoltre il rischio che i movimenti naturali del legno provocassero delle fenditure. La statua in questo modo diventava molto più leggera e quindi più adatta agli spostamenti, caratteristica che ben si confaceva alle sculture devozionali, che venivano spesso spostate per processioni e manifestazioni religiose, cfr. Guido Giubbini, Franco Sborgi (a cura di), La scultura in legno, in E. Baccheschi, C. Dufour Bozzo, F. Franchini Guelfi, G. Gallo Colonni, E. Gavazza, G. Giubbini, M. Leva Pistoi, E. Parma Armani, F.R. Pesenti, F. Sborgi, Le tecniche artistiche, ideazione e coordinamento di Corrado Maltese, Milano 1973, pp. 12-18.

[3] Dall’intervista a Elena Rossi, realizzata il 28 agosto 2017, presso il Museo d’Arte Sacra di Camaiore.

[4] Ibidem.

[5] Claudia Marchese, L’Annunziata di Camaiore: storia dei restauri dall’Ottocento a oggi, in Marcello Brunini et. al., Ecce ancilla domini, L’iconografia della vergine Annunziata in Matteo Civitali scultore, Pisa 2008, pp. 75-86.