La Madonna col Bambino

Il soggetto principale della composizione è la coppia costituita dalla Madonna con il Bambino, tema dall’apparente semplicità ma portatore di un messaggio molto profondo. La madre che tiene in braccio il proprio figlio è un’immagine di forza e vitalità nonché di amore imperituro. La Chiesa ha da sempre collegato la sua esistenza all’idea dell’incarnazione del Verbo; Maria è, quindi, connessa al mistero salvifico, in relazione alla disputa della doppia natura di Cristo. Per questo, dopo il 313, con l’editto di tolleranza di Costantino e la fine delle persecuzioni, essendo ormai dichiarato libero il culto del Cristianesimo, si dette avvio a una vera discussione teologica e dottrinale.

Tra il IV e V secolo, Maria viene spesso messa in relazione con Eva, dando vita a rappresentazioni che presentano tale accostamento. Mediante Maria, quindi, viene portato a buon fine quel progetto divino che la prima donna aveva fatto fallire, sostituendo così la figura di Eva.

Dal IV secolo, con l’approvazione dei Concili Ecumenici discutenti i dogmi della Chiesa, il culto mariano divenne centrale nel dibattito sull’Incarnazione e sulla natura di Cristo, spesso messa in relazione alle divinità pagane. Una volta che il Cristianesimo cominciò ad affermarsi, inevitabilmente, dovette scontrarsi con altri culti presenti nell’Impero, fatto che generò fenomeni di assimilazione e contaminazione. Infatti, da un punto di vista iconografico, spesso la Vergine con il Bambino è associata alla raffigurazione delle divinità pagane, ossia coloro che rappresentano la potenza femminile in senso salvifico o mortifero. La Grande Madre, ad esempio, al centro della religiosità pagana, concentra in sé la vita e la morte; regolatrice del ciclo delle stagioni, può presentarsi in vari modi, anche con un bambino che le siede sulle ginocchia.

Dopo il concilio del 431, sopra il tempio di Artemide a Efeso fu eretta una basilica dedicata a Maria Theotokos (letteralmente dal greco, Genitrice di Dio) e la data natale di Cristo fissata al 25 dicembre. In questo caso il processo di contaminazione è avvenuto spontaneamente.

Nella Theotokos e nella Maestà, Maria e il Bambino sono ritratti frontalmente per simboleggiare il loro ruolo devozionale. In virtù di questo dogma, si vanno diffondendo immagini di Maria su un trono che tiene in braccio il Bambino, esaltandone la regalità e la natura ultraterrena; spesso, però, si possono trovare immagini di Maria insieme a Giovanni Battista, in atteggiamento orante. In entrambi i casi emerge il ruolo salvifico della Madre con il figlio, intendendo sia il compimento del processo di salvezza sia la diffusione dell’annuncio ai fedeli.

In seguito al Concilio di Nicea del 787, la Chiesa celebrava la vittoria dell’ortodossia, concretizzando le varie elaborazioni teologiche riguardanti l’incarnazione del Verbo. Da questo momento viene stabilita un’iconografia precisa della coppia: l’artista deve dipingere in maniera attinente a quanto ai precetti della Chiesa. Le icone e i soggetti figurativi devono rispondere al canone codificato da un preciso intento filosofico e teologico. La volontà di attenersi a un prototipo dettato dalla Chiesa è accresciuto dall’idea che la prima immagine di Maria fosse stata dipinta dall’Evangelista Luca.

Grazie all’impulso della Chiesa d’Oriente, anche il mondo latino cominciò dall’XI secolo ad accrescere la devozione di Maria: da questo momento, giungono in Occidente una serie di esempi orientali che mettono in evidenza forme di pietà mariana, favorendo la diffisione di immagini dalla tenerezza più spiccata, con un trasporto maggiore tra Madre e Figlio.

Tra il XI e il XII secolo Maria assume il ruolo di mediatrice: tramite lei, il divino si incontra con l’umano e il soprannaturale si incontra con il reale. Maria che fino a quel momento aveva rappresentato il mistero della salvezza, adesso era diventata anello di congiunzione tra cielo e terra. Nell’ottica cristiana, oltre che Madre di Cristo, adesso Maria è madre dell’umanità tutta.

Il XII secolo è quello che vede avvicendarsi gli studi sulla maternità di Maria; non vi è ancora convinzione da parte dei teologi della sua preservazione dal peccato originale, fatto che mina il concetto generale di redenzione universale attuabile con la nascita di Cristo.

Dal XIII secolo, grande dedizione al culto mariano fu dimostrato dai nuovi ordini mendicanti quali i Francescani, Domenicani e Servi di Maria; i nuovi studi vennero prontamente inquadrati nel rigoroso metodo della Scolastica. Gli ordini mendicanti portarono a un cambiamento sostanziale nella Chiesa; adesso si avvertiva la necessità di adorare immagini di un Dio-uomo, una divinità umanizzata con cui identificarsi. Dal Rinascimento in poi, quindi, dal punto di vista teologico, nessuno si interessava più di stabilire la natura di Cristo, piuttosto era ricercato un modo che ne stabilisse un certo grado di umanità. Adesso Dio si è fatto uomo, vero uomo, e la sua incarnazione si è verificata durante l’Annunciazione. Da questo momento nell’arte è frequente trovare immagini di Madonne con Bambino che sembrano quasi anticipare il futuro tragico di Cristo; spesso il Bambino è riposto sulle ginocchia della Madre secondo uno schema compositivo che ricorda le Pietà, unendo tenerezza e dolore. Maria si trova, quindi, all’inizio e alla fine dell’esperienza terrena di Cristo.

Nel nostro caso, il Bambino tiene fra le mani un cardellino e un grappolo d’uva, riconosciuti come simboli della Passione, entrambi evocanti il martirio per il colore rosso che li caratterizza.