L’artista

Pittore lucchese tra i più documentati tra Trecento e Quattrocento, Francesco appartenne all’antica e nobile famiglia degli Anguilla. Non se ne conoscono le date precise di nascita e di morte: le fonti lo menzionano per la prima volta il 19 gennaio 1384 quando prese in affitto una casa, allo scopo di esercitarvi la sua arte pittorica, dagli operai della chiesa dei Santi Giovanni e Reparata di Lucca e un’ultima volta tra la fine del 1444 e il 25 agosto 1445, data in cui la moglie Clara viene dichiarata vedova. Fu a capo di una bottega molto attiva e poliedrica da cui uscirono tavole d’altare, cassoni, drappi di seta dipinti, e allo stesso tempo impegnata a fabbricare e commerciare ceri votivi, grazie alla collaborazione con alcuni candelai pisani a quell’epoca presenti in città[1].

Dai documenti emerge l’immagine di un personaggio singolare: fu pittore, mercante attentissimo e imprenditore oculato nell’amministrazione finanziaria della sua attività, tanto che quasi tutti i lavori a lui affidati si conclusero con citazioni giudiziarie, a causa dell’esasperante conflittualità che caratterizzò i rapporti con i suoi committenti. Per queste ragioni alcuni critici  ritengono Francesco Anguilla addirittura più interessante sotto il profilo umano che artistico, ritenendo che la sua mediocrità, come pittore attardato a moduli tardogotici[2], fosse compensata da un’intensa partecipazione alla vita economica e politica della sua città: tra le molte attività Francesco ricoprì la carica di operaio della chiesa dei Santi Giovanni e Reparata, presso cui aveva bottega negli anni 1403, 1412 e 1418; nel 1434 fu eletto tra gli Anziani della Repubblica.

A conferma della fiorente produzione della sua bottega, nel 1399 risulta essere il pittore più ricco di Lucca, essendo censito dall’Estimo per ben 400 fiorini d’oro, cifra considerevole se si considera che Angelo Puccinelli, ritenuto uno dei maggiori pittori dell’ultimo ventennio del Trecento della scena lucchese, viene censito per 60 fiorini.

Le fonti documentarie ricordano tra i primi lavori della sua lunga carriera artistica la collaborazione del 1391 proprio con il pittore Angelo Puccinelli per la policromia di un gruppo ligneo con l’Annunciazione per il Duomo di San Martino, su commissione del mercante Bonagiunta di Simone di Bonagiunta Schezza, per cui ottenne un compenso maggiore (36 fiorini contro i 6 del più anziano collega).

Il primo dipinto a lui commissionato risale al 1406 quando realizzò una “immagine” per la chiesa di San Sensio, cui seguirono puntualmente contrasti con il committente dell’opera, l’operaio Francesco Arrighi. A questa commissione se ne aggiunsero molte altre, per chiese di Lucca e dintorni sino al 1444, poco prima della sua scomparsa. Tra queste merita di essere ricordata quella della pala per l’altare maggiore della chiesa di San Pietro Maggiore a Lucca commissionatagli dall’operaio Nardo di Giovanni da Montecarlo tra il 1428-29, a cui collaborò il pittore Cecco di Francesco da Pistoia. L’impresa risultò assai travagliata e tormentata e il lavoro venne consegnato incompiuto sia per il ritorno del socio nella città natale, contro cui Anguilla nominò immediatamente tre procuratori per il recupero delle somme a lui anticipate, sia per la guerra contro Firenze, ma soprattutto per le plures altercationes intercorse tra i rappresentanti della chiesa e il nostro pittore. Solo grazie a un’ingiunzione del Tribunale Ecclesiastico, nel luglio 1433, Anguilla tornò in possesso della tavola e probabilmente la completò delle parti mancanti (la tavola centrale con la Madonna col Bambino su cui appose la sua firma e la predella), ma le divergenze economiche con la committenza si risolsero solo il 27 giugno 1438 quando l’opera viene saldata. Le recenti novità emerse dalle indagini diagnostiche condotte nel corso dell’ultimo restauro eseguito sul Polittico di Camaiore, hanno fatto avanzare l’ipotesi di un’identificazione di quest’ultimo proprio con la tavola realizzata per l’altare di San Pietro Maggiore.

L’abbondanza di documenti riguardanti la lunga e prolifica carriera artistica di Francesco Anguilla non trova però adeguata corrispondenza nel corpus delle opere a lui attualmente assegnato; ad oggi si attribuiscono infatti al nostro pittore meno di dieci pale d’altare, alcune delle quali smembrate e conservate in luoghi diversi: la Madonna col Bambino e due angeli della chiesa dei Santi Prospero e Lorenzo di Pariana (Villa Basilica), Lucca, il trittico Madonna col Bambino tra i Santi Agnello, Regolo, Antonio Abate e Riccardo del Museo dell’Opera del Duomo di Lucca, entrambe attribuite all’Anguilla solo nel 1972 dalla studiosa Silvia Meloni Trkulja e risalenti alla prima fase della produzione artistica del nostro pittore collocabile attorno al primo decennio del Quattrocento. Seguono il polittico oggi sull’altare maggiore del duomo di San Martino, attribuito all’Anguilla nel 1988 da Filippo Todini, raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Nicola, Biagio, Antonio Abate e Giuliano, eseguito nella fase centrale della sua carriera, intorno agli anni Venti del Quattrocento: la volumetria delle figure si attenua e i volti appaiono più sottili, il Bambino ha sembianze più delicate, non poggia pesantemente sul grembo della Madre come nelle opere precedenti ma siede sul suo braccio sinistro come nelle opere realizzate probabilmente nella prima metà degli anni Trenta del Quattrocento, il nostro Polittico e la tavola con la Madonna con il Bambino oggi nella Collegiata di Sant’Andrea a Montecarlo, firmata e datata 15 novembre 1534. A quest’ultima, sono stati riuniti a formare un trittico, due sportelli oggi a Birmingham in Alabama, rappresentanti le Sante Lucia e Agnese, un Santo Vescovo e San Francesco. Poco dopo il 1434, il pittore realizzò la tavola Madonna col Bambino tra i Santi Leonardo, Ansano (Torpè) e due donatori inginocchiati, che appartenne alla collezione fiorentina di Ernst Saulmann tra gli anni Venti e Trenta del Novecento.

Testo e pagina a cura di Francesca Mannocci

[1] Cfr. M. Paoli, Arte e committenza privata a Lucca nel Trecento e nel Quattrocento,  Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 1986, p. 179.

[2] Cfr. G. Concioni, C. Ferri, G. Ghilarducci, Arte e pittura nel medioevo lucchese, Lucca, Matteoni, 1994, p. 332.