Struttura, tecnica e funzione dell’Ostensorio

Ostensorio “a sole”

Cattura Ostensorio

 

A: piede

A1: orlo

A2: collo del piede

B: fusto (a balaustro)

B1: nodo modanato

C: ricettacolo

D: innesto a baionetta

E: raggiera

E1- E2: raggio (lanceolato e fiammeggiante);

F: teca; F1: cornice della teca; F2: sportello; F3: gancio di chiusura;

F4: cerniera; G: terminazione; G1: crocetta apicale; H: lunetta

Tecnica:

Ostensorio della tipologia “a sole” in argento lavorato a fusione, laminazione, sbalzo e cesellatura.

Nell’ostensorio “a sole” il ricettacolo è costituito da una teca di cristallo circolare, inclusa in una cornice, da cui si generano dei raggi di forme varie e di diversa lunghezza, fiammeggianti, lanceolati, talvolta dorati e/o argentati.

Nell’ostensorio più genericamente definito “raggiato” o “a raggiera”, invece, la teca può avere anche una forma ovale, cuoriforme ecc.., e i raggi che la circondano risultano essere più complessi, ornati da altri elementi simbolici, come fiori, testine angeliche, spighe e grappoli d’uva. In entrambe le tipologie la teca al centro include posteriormente uno sportellino che serve per inserirvi la lunetta e l’ostia.

Sempre in entrambi i casi il ricettacolo è sostenuto da un fusto e da un piede, con un innesto a baionetta, generalmente ornato esternamente, da una testina angelica.

La lunetta è un elemento essenziale dell’ostensorio a forma di mezzaluna, la cui funzione è quella di sostenere l’ostia all’interno della teca. Essa è formata da due semicerchi combacianti, uniti tra loro mediante una cerniera; nella fessura che ne risulta nella parte superiore viene posizionata l’ostia consacrata in modo verticale. Stando quindi a diretto contatto con la specie eucaristica, questa dev’essere rigorosamente in oro o in argento dorato.

Funzione:

L’ostensorio è un contenitore usato per l’esposizione solenne dell’ostia consacrata, il cui termine deriva dal latino ostendere che significa mostrare.

L’uso dell’esposizione eucaristica nacque nel tardo Medioevo in seguito all’affermarsi della dottrina della Transustanziazione a partire dal IV Concilio Lateranense (1215), laddove in virtù delle parole di consacrazione pronunciate dal celebrante durante la messa, l’intera sostanza del pane e del vino viene trasformata nel corpo e nel sangue di Cristo. Durante il Sinodo di Parigi (1205-1208) era stato sancito l’uso di innalzare e mostrare l’ostia durante la messa dopo la sua consacrazione, così da soddisfare il desiderio dei fedeli di vedere la particola, a cui all’epoca si attribuiva un valore anche salvifico. Inoltre, grazie alle mistiche visioni di una monaca agostiniana, Giuliana di Liegi, alludenti alla mancanza di una festa dedicata al Santissimo Sacramento, e grazie al favore di papa Urbano IV (1195-1264), nel 1264 venne istituita la solennità religiosa del Corpus Domini, la quale celebra ancora oggi il mistero dell’Eucaristia istituito da Gesù durante l’Ultima Cena. Da qui l’atto di mostrare l’ostia consacrata divenne fondamentale, di conseguenza cominciò a sentirsi l’esigenza di avere un oggetto liturgico che svolgesse in pieno, tale funzione.

Inizialmente la forma dell’ostensorio derivò da quella del reliquiario, in quanto particola consacrata era considerata come una reliquia del corpo di Cristo tant’è che nello stesso contenitore potevano conservarsi in parti separate l’ostia e le altre reliquie.

Il termine ostensorium venne ufficialmente adottato solo alla fine del XVI secolo, quando l’oggetto aveva già una sua conformazione ben definita.

Le più antiche tipologie non si discostavano tanto da una pisside col ricettacolo in vetro, in effetti, molte di esse, venivano riadattate inserendovi all’interno la lunetta.

All’inizio del Cinquecento venne istituita la devozione delle Quarantore e l’ostensorio assunse delle forme sue proprie, che potremmo dividere in quattro principali tipologie: “a torre”, “a disco”, “a croce”, “con figure”. Mentre l’ostensorio “a croce” e “con figure” andarono scomparendo alla fine del XVI secolo, quelli “a torre” e “a disco” mutarono nelle seguenti tipologie, a seconda della diversa forma del ricettacolo:

  • ostensorio a coppa;
  • ostensorio architettonico;
  • ostensorio monumentale;
  • ostensorio a raggiera.

L’ostensorio “a coppa” è la tipologia più antica, deriva dalla pisside, tuttavia ha il ricettacolo trasparente, in vetro, in modo da poter vedere all’interno l’ostia consacrata.

L’ostensorio architettonico ha il ricettacolo costituito da una semplice teca trasparente di forma cilindrica, poligonale o a disco, racchiusa in una montatura e in un apparato decorativo di tipo architettonico, spesso a forma di tempietto.

Nel periodo della Controriforma le due suddette erano le tipologie predilette, e a seconda di quanto indicato da San Carlo Borromeo (1538-1584) arcivescovo di Milano, nelle sue Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae libri duo, del 1577, tali ostensori dovevano avere il piede esagonale o ottagonale, il nodo mediano con la decorazione poco rilevata, un ampio ricettacolo con colonnine, un fregio su cui fissare il fastigio finale semisferico o a piramide, infine una crocetta sommitale quadrata oppure il Cristo crocifisso o risorto. Il materiale impiegato nella realizzazione dell’ostensorio doveva essere infine, preferibilmente in metallo come oro, argento o rame dorato.

L’ostensorio monumentale, in uso sopratutto in Spagna e nell’Italia meridionale a partire dal XV secolo, ha per l’appunto proporzioni monumentali con un’altezza anche di 2-3 metri e un apparato decorativo particolarmente ricco di elementi scultorei e architettonici di vario tipo.

L’ostensorio a raggiera, con i raggi che si dipartono dalla teca centrale, allude simbolicamente all’identificazione dell’Eucaristia col sole e rappresenta nell’insieme la tipologia più comune e più utilizzata ancora oggi, a partire dalla metà del XV secolo.

Nel periodo neoclassico le forme andarono a semplificarsi e talvolta a irrigidirsi, ma queste tipologie, ormai codificate nel tempo, continuarono a mantenere essenzialmente la stessa struttura.

 

Bibliografia:

B. MONTEVECCHI, S. VASCO ROCCA (a cura di), Suppellettile ecclesiastica I, Firenze, Centro Di, 1989

C. BARACCHINI (a cura di), Oreficeria sacra a Lucca dal XIII al XV secolo, Firenze, Studio per Edizioni Scelte, 1990

S. DELLA TORRE (a cura di), C. BORROMEI, Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae. Libri II (1577), Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2000