Struttura, tecnica e funzione della croce processionale

 

croce processionale

Tecnica: Croce in argento inciso a bulino sul fondo, sbalzato a rilievo fortemente aggettante nei terminali (figure di Cristo e s. Pietro sbalzati a parte e applicate), con rifiniture a cesello, iscrizioni in smalto traslucido e sferette dorate. L’anima in legno è costruita incastrando e fissando mediante perni la traversa sul montante; questa è dotata nella parte inferiore dell’alloggiamento incassato per il puntale che permette alla croce di essere issata su un’asta o esposta sull’altare. Le lamine, seguendo una tecnica utilizzata sin dalla metà del Trecento[1], coprono sia il terminale, in cui le figure sono sbalzate direttamente sulla lamina di fondo, sia il braccio, congiungendosi al centro a freccia; questa congiunzione è coperta su entrambi i lati dalle figure aggettanti centrali. Le quattro lamine sono fissate al supporto tramite chiodi d’argento, mentre il profilo dell’anima viene nascosto da un ulteriore lamina questa volta a nastro, decorata ad incisione. Lungo tutto il profilo, in concomitanza delle parti sono fissate al legno tramite chiodi sferette realizzate in due parti cave distinte e saldate insieme. Il Cristo presente nel recto è realizzato a parte ma non per intero: con una lamina è realizzato a sbalzo il corpo e la testa, mentre braccia e gambe sono realizzati a fusione e successivamente saldati al resto del corpo.

Funzione: la conformazione delle croci astili permette che queste, mediante l’innesto, possano essere posizionate su un supporto sull’altare oppure innestate in un asta per essere portate in processione. La croce simbolo della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo, della speranza e ricordo dell’invito evangelico ad imitare Gesù, è utilizzata durante le processioni come un vessillo, emblema della fede e simbolo del credo distintivo dei cristiani. Infatti dalla metà del IV secolo, grazie alla pace costantiniana e al culto della Vera Croce iniziato dopo il ritrovamento da parte di sant’Elena, la croce comincia ad apparire come simbolo autonomo. L’uso di aprire le cerimonie liturgiche con un corteo preceduto dalla croce è antichissimo e testimoniato da molte fonti iconografiche, come ad esempio nel mosaico di S.Vitale a Ravenna dedicato al corteo dell’imperatore Giustiniano, in cui il vescovo Massimiano tiene una piccola croce processionale. Inizialmente sono oggetti di dimensioni ridotte, ornati di gemme, in cui non compare l’immagine di Gesù e la loro ornamentazione ricorda gli stilemi artistici dei coevi mosaici, solo a partire dal IX secolo, nelle croci processionali, compare l’immagine di Gesù crocifisso, del tipo doloroso; mentre dal secolo XI il braccio verticale inferiore si allunga e viene dotato di un innesto che permette alla croce di essere inserita in un’asta per consentire allo stauroforo una presa più agevole durante le processioni e al termine di essere smontata e inserita su una base per essere esposta sull’altare. Dal XIII secolo la forma delle croci si complica e le linee inizialmente squadrate e tuttalpiù svasate si arricchiscono; le terminazioni diventano tri- e polilobate, si inseriscono sferette ornamentali e in alcuni casi, per influsso orientale, viene inserita una seconda traversa sopra o sotto il braccio orizzontale principale. La figura del Cristo viene resa in rilievo e compare nel recto, mentre sulle terminazioni compaiono le immagini dei dolenti (Vergine e s.Giovanni), del dio Padre o dei quattro Evangelisti. Nel XV secolo questi argenti diventano sempre più elaborati: le terminazioni polilobate, i contorni mistilinei e arricchiti da sfere, boccioli e perle, spesso realizzate da grandi artisti. Con la Controriforma si torna a forme più lineari e meno decorative, specificamente codificate, infine, il gusto barocco e rococò portano ad opere di tono spettacolare.

[1] G. Morigi in: Baracchini, 1993: p. 19

Bibliografia:

Clara Baracchini, (a cura di), Oreficeria sacra a Lucca dal XIII al XV secolo, Firenze, 1993, voll.1

Benedetta Montevecchi, Sandra Vasco Rocca (a cura di), Dizionari terminologici. Suppellettile ecclesiastica 2, Firenze, 1989